Impegniamoci compatti Il temporaneo equilibrio dell’universo è il risultato di continui e faticosi mutamenti di Francesco Nucara In una lettera a Piero Pergoli del 4 gennaio 1945, Giovanni Conti così affermava: "Non capisco confusioni né fusioni del PRI con altri partiti che dicono di aspirare alla Repubblica, perché non si tratta di essere d’accordo sulla finalità (sono repubblicani quelli del Partito del lavoro, molti democristiani, alcuni liberali) ma nel metodo. E i metodi non si fondono e non si confondono. … la conclusione è per me una: io continuo a lavorare per la Repubblica con il metodo del PRI. Per gli amici la conclusione può essere semplice: chi è per il metodo del PRI entra nel PRI; chi è per il metodo radicale va in altri partiti …". Pur essendo una lettera del ‘45, bisogna prendere atto del fatto che essa rispecchia un’attualità sconcertante. Si tratta di far rivivere la storia del PRI in un progetto più ampio: quello liberaldemocratico (dove democratico non sta per democristiano), in una visione europea e con un metodo che affronti i problemi in maniera laica, scevra di ideologie, ma carica di ideali che appartengono al patrimonio dei repubblicani. Il 10-11-12 dicembre era stato fissato il Congresso, ma responsabilmente la Direzione Nazionale opta per un rinvio. Proprio perché i repubblicani hanno scelto, per la prima volta nella loro storia, di celebrare il loro congresso a tesi, non vorremmo che, a qualche giorno dalla fiducia all’attuale governo, il Congresso si risolvesse in un referendum "Berlusconi sì o Berlusconi no". Avremmo vanificato il lavoro e l’impegno di tanti amici repubblicani, di esperti che repubblicani non sono, pur apprezzando l’attuale pratica politica del Partito Repubblicano Italiano. Il Congresso dovrà stabilire una piattaforma politico-programmatica che possa diventare piattaforma di discussione per tutte le forze politiche che condividano in tutto o in parte il nostro progetto. Questa dovrà essere la base per alleanze elettorali di legislatura senza preclusioni di alcun genere, né moralistiche né pregiudizievoli. Ai repubblicani interessa realizzare un progetto che richiede tempo, sagacia, ostinazione e flessibilità nel porsi obiettivi e nel raggiungerli. Gli obiettivi non si possono ridurre ad un ingresso "pilotato" in Parlamento. Abbiamo visto come posizioni posticce e ipocrite servono poco al Paese e al Partito. Gli egoismi non stanno nel dna dei repubblicani, presso i quali invece dovrebbe albergare la generosità. La generosità politica significa spendersi per il futuro realizzando un sogno: il partito europeo. Come ha detto qualche anno fa il ministro degli Esteri tedesco: "Abbiamo in noi il realismo dell’utopia". E che cos’è un repubblicano senza utopia? Meno di niente. Intendiamoci, le utopie non vanno confuse con le fantasie. Esse vanno interpretate come obiettivi difficilissimi, ma raggiungibili nel tempo se si ha costanza e perseveranza. I repubblicani non hanno contratto matrimoni con nessuna forza politica. Se qualcuno ne ha contratti, lo ha fatto a titolo personale e, ove avesse parlato a nome del Partito, dovrà rispondere innanzitutto alla propria coscienza, accertatane l’esistenza. La battaglia sarà lunga e accidentata. Basti pensare che i liberali inglesi nel ‘70 erano al 7,5%, nel ‘79 al 13%, nel 1982 divennero partito liberaldemocratico nato dall’accordo dei liberali con il Social Democrat Party ottenendo il 25% di consensi. Nel 1988 assunsero la denominazione definitiva di Liberal Democratic Party. Nulla ha impedito ai liberali inglesi, dopo l’intuizione del 1988 e la trasformazione del nome, di tornare al governo in posizione preminente dopo 90 anni di opposizione. Destra e sinistra sono ormai concetti superati dalla Storia e persino Giorgio Gaber, in forma ironica ma molto efficace, diceva di non sapere più riconoscere la destra dalla sinistra! Come scrive Salvatorelli: "Il pensiero populista è statico, immobilista, poco adattabile, non ama il cambiamento, ed è intimamente convinto che tutto ciò che esiste abbia come fine l’ordine apparente delle cose; d’altra parte il pensiero liberale (nel senso di liberaldemocratico, n.d.a.) è riformista, dinamico, incline al cambiamento, capace di accogliere e metabolizzare ciò che è diverso da sé, consapevole del fatto che tutto ‘scorra’, che il temporaneo equilibrio dell’universo sia il risultato di continui e faticosi mutamenti". Forza amici repubblicani, impegniamoci compatti per raggiungere gli obiettivi che il prossimo congresso vorrà fissare. Roma, 22 novembre 2010 |